Intervento di triplice artrodesi

Definizione di artrodesi

L’intervento di artrodesi consiste nel bloccaggio chirurgico di una o più articolazioni ; nel caso specifico le articolazioni tra astragalo e calcagno , tra astragalo e scafoide e tra calcagno e cuboide. A seguito dell’intervento viene pertanto perso il movimento di pronosupinazione (cioè il movimento di lateralità del piede) che peraltro in molti casi risulta già molto compromesso prima dell’intervento.

Motivazione dell'Intervento

L’intervento si rende necessario in caso di importanti alterazioni strutturali del retropiede in genere con deformità associata secondarie a patologie degenerative, primitive o secondarie, infiammatorie, dismetaboliche, malformative, neuromuscolari, congenite, ecc… che comportano dolore, limitazione o abolizione del movimento articolare, incongruenza articolare, disturbi di appoggio e difficoltà alla stazione eretta ed alla deambulazione.

Le situazioni in cui più frequentemente si ricorre alla triplice artrodesi sono le seguenti:

  • piede cavo o cavo-varo neurologico o di altra eziologia
  • Artropatia post-traumatica esiti di fratture di astragalo, calcagno, scafoide o di lussazioni sub-talo
  • Artropatia reumatoide o altre artropatie infiammatorie con erosioni ed usura articolare
  • Piede pronato con associata artropatia astragalo-calcaneale e mediotarsica
  • Esiti di piede torto congenito
  • Esiti di necrosi di astragalo o scafoide
  • Artropatia in esiti di sinostosi tarsale
  • Situazioni di grave compromissione articolare non recuperabili con chirurgia di conservazione articolare associate ad alterazioni dell’allineamento del retropiede e dell’appoggio

Obiettivo dell’intervento è quello di ridurre o eliminare la sintomatologia dolorosa e di migliorare l’allineamento del retropiede e l’appoggio plantare conservando la mobilità della tibiotarsica

Possibilità di procedure alternative

In un primo tempo il trattamento può essere conservativo (farmaci antiinfiammatori , fisioterapia , infiltrazioni , plantari ,…). Si prende in considerazione l’intervento quando questi trattamenti non modificano i disturbi del Paziente. Dal punto di vista chirurgico in caso di grave artropatia non sono disponibili altre opzioni in quanto non esistono protesi specifiche per queste articolazioni e gli interventi di cheilectomia o artroplastica (cioè pulizia articolare o rimodellamento) non danno buoni risultati.

Tecnica chirurgica

L’intervento viene di regola eseguito eseguito tramite un accesso laterale di circa 7-8 cm in caso di piede cavo-varo o con un doppio accesso mediale e laterale negli altri casi Consiste nella asportazione delle residue cartilagini articolari e talvolta di porzioni limitate dell’osso in modo da ricostruire la morfologia corretta del piede sui tre piani dello spazio ; la fissazione in posizione funzionale delle articolazioni viene eseguita con fili di Kirschner , viti , placche o altri dispositivi di osteosintesi ; in alcune situazioni , specie in caso di perdita di sostanza ossea , è necessario inserire innesti ossei di regola prelevati dalla tibia prossimale o dal bacino. Sono spesso necessari gesti chirurgici aggiuntivi in particolare

  • allungamenti tendinei o fasciali
  • transfer tendinei
  • correzione dell’assetto del I° metatarsale
  • Piede pronato con associata artropatia astragalo-calcaneale e mediotarsica
  • Correzione delle dita

Anestesia

La scelta della tecnica anestesiologica più idonea è compito del Collega anestesista. In generale viene preferenziata una anestesia spinale selettiva associata ad una anestesia tronculare (es. blocco popliteo o blocco alla caviglia) per migliorare la copertura del dolore post-operatorio. In alcuni casi viene associata una sedazione farmacologica.

Post-Operatorio

La consolidazione dell’artrodesi avviene in media in un periodo di circa due mesi ; durante questo periodo non è concesso il carico ; normalmente per le prime 4-6 settimane viene mantenuto un apparecchio gessato a doccia posteriore o un tutore. Successivamente si effettua un carico progressivo e graduale mantenendo gli appoggi per circa 20-30 gg ; è consigliabile un opportuno trattamento riabilitativo finalizzato al recupero muscolare , al miglioramento del movimento della caviglia (flessoestensione) , alla rieducazione alla marcia ed al controllo dell’edema. In generale un recupero soddisfacente è prevedibile nell’arco di 6 mesi.

Complicanze

Ciascun gesto chirurgico , anche banale , non è mai privo di rischi ; anche se vengono messe in atto di abitudine tutte le precauzioni possibili per minimizzare il rischio chirurgico questo non potrà mai essere azzerato. Occorre pertanto nella decisione chirurgica , anche da parte del Paziente , valutare le possibili conseguenze negative dell’intervento a fronte dei miglioramenti attesi (“bilancio rischi-benefici). Conseguenze negative possono essere rappresentate da incompleta risoluzione del problema che ha condotto all’intervento , alla ricomparsa o al peggioramento dei disturbi , al sopravvenire di problemi diversi , spesso imprevedibili e gravi. Tali reazioni avverse possono essere dovute a complicanze dell’intervento ma talvolta ad eventi imprevisti ed imprevedibili dovuti a condizioni locali o problemi di salute generale ; ad esempio l’assunzione di alcuni tipi di farmaci , malattie sistemiche come il diabete o problemi reumatologici , alterazioni circolatorie , il fumo o l’assunzione di droghe , la scarsa collaborazione sono tutte situazioni che comportano un aumento del tasso di complicanze. Le complicanze possono essere distinte in generiche e specifiche ; ovviamente non è possibile elencare tutte le possibili complicanze anche perché alcune di esse incidono in maniera del tutto eccezionale. Normalmente l’intervento comporta buoni risultati sul dolore articolare , sull’assetto del piede , sull’appoggio anche se il recupero funzionale non è mai completo.

Le principali complicanze possono essere così riassunte:

Complicanze Generiche
  • infezioni circa 2% dei casi; come prevenzione viene effettata una profilassi antibiotica preoperatoria
  • tromboflebiti circa 5% dei casi; al fine di ridurre il rischio viene effettuata una profilassi con eparina a basso peso molecolare o altri farmaci che andrà protratta fino a normalizzazione del carico
  • Ritardo di guarigione delle ferite chirurgiche
  • edema residuo; normalmente un edema più o meno importante può risultare presente nei primi sei mesi e talvolta protrarsi anche successivamente e in rari casi non risolversi completamente
  • Algodistrofia o m. di Sudek
  • Complicanze relative all’anestesia
  • Complicanze di ordine generale
Complicanze Specifiche
  • Mancata fusione dell’artrodesi circa 5-20% dei casi, specie in soggetti fumatori, diabetici, ecc.
  • Persistenza di dolore locale nel post-operatorio
  • Intrappolamento o sezione di tronchi nervosi
  • Malallineamento cioè deviazione all’interno o all’esterno dell’alluce
  • Rigidità a carico delle articolazioni adiacenti
  • Metatarsalgia
  • Rottura dei mezzi di sintesi
  • Processi degenerativi nelle articolazioni vicine
  • Fratture patologiche
  • Necrosi ossee

Va sottolineato come il tasso di complicanze sia statisticamente più elevato nei reinterventi e che in questi casi , in considerazione della situazione di partenza il risultato finale può non portare al risultato sperato ed in ogni caso è meno prevedibile. Fattori di rischio che comportano aumento delle complicanze sono malattie sistemiche , in particolare il diabete , vasculopatie periferiche arteriose e/o venose , uso di farmaci immunosopressori o cortisonici , fumo , presenza di artrosi , deformità importanti , scarsa collaborazione nel protocollo post-operatorio,…