Riparazione tendine tibiale posteriore

Il tendine Tibiale Posteriore (TP) rappresenta un importante stabilizzatore attivo del versante mediale del piede. In caso di piede piatto dell’adulto o comunque in situazioni con eccesso di pronazione , il tendine del TP è soggetto ad un maggiore stress funzionale : questa condizione può portare ad alterazioni inizialmente funzionali e successivamente strutturali del tendine che consistono in

  • Tenosinovite , cioè infiammazione cronica del rivestimento sinoviale della guaina del tendine , che comporta dolore ed insufficienza funzionale progressiva
  • Elongazione con perdita di tensione e di forza specie nella fase propulsiva del passo
  • Rotture longitudinali
  • Rotture trasversali

Queste ultime due situazioni compromettono in maniera importante la funzionalità dell’unità muscolotendinea che si traduce clinicamente in dolore mediale e difficoltà o impossibilità ad assumere la stazione digitigrada su un solo piede.

Indicazione all'intervento

Si ricorre all’intervento in caso di dolore mediale persistente in situazioni di piede piatto o sindromi pronatorie.
Dal punto di vista clinico i dati principali sono

  • presenza di piede pronato
  • tumefazione mediale sul decorso della guaina del TP
  • dolore mediale specie nella fase propulsiva del passo
  • insufficienza funzionale del TP evidenziata dalla impossibilità ad assumere la stazione digitigrada monopodalica

La diagnosi clinica di tendinopatia del TP viene confermata dai seguenti esami strumentali

  • rx in carico del piede per valutare l’entità della pronazione , rapporti dei segmenti ossei tarsali ed eventuali alterazioni osteoarticolari
  • RMN del piede/caviglia per valutare le condizioni del tendine TP e delle articolazioni periastragaliche
  • Ecografia tendinea per valutare dinamicamente il tendine del TP

L’intervento è indicato in caso di sintomatologia persistente e non responsiva alle terapie conservative (plantari , fisioterapia , antiinfiammatori,…) e/o progressione della deformità in pronazione. Nella maggior parte dei casi oltre all’intervento sul tendine si ricorre a gesti chirurgici associati in particolare tempi ossei per correggere la pronazione e/o riparazione delle strutture capsulolegamentose mediali.

Tecnica chirurgica

L’intervento viene eseguito con Paziente posizionato in decubito supino con arto extraruotato. L’accesso è sottomalleolare mediale prolungato distalmente fino allo scafoide ; inciso il sottocute si apre la guaina del TP evidenziando le lesioni presenti. A seconda di quanto riscontrato le possibilità sono le seguenti

  • Sinoviectomia : consiste nella asportazione del tessuto sinoviale ipertrofico ed infiammatorio che a lungo andare può compromettere l’integrità del tendine oltre a comportare sintomatologia dolorosa
  • Ritensionamento tendineo nel caso di elongazione del tendine in assenza di lesioni degenerative
  • Riparazione di rotture longitudinali con tecnica di “tubulizzazione”
  • Riparazione di rottura trasversale con sutura terminoterminale quando possibile
  • In caso di rottura irreparabile del TP o in caso di lesioni degenerative importanti o anche in caso di rottura trasversali riparabili si ricorre alla sostutuzione del TP o al suo rinforzo con il tendine del Flessore Comune delle Dita ; questo tendine decorre subito al di sotto del tendine TP e viene suturato laterolateralmente al TP se presente o ai residui in caso di rottura irreparabile.

Nel post-operatorio viene confezionato un gambaletto in posizione neutra da mantenere senza carico per 6 settimane.

Anestesia

La scelta della tecnica anestesiologica più idonea è compito del Collega anestesista. In generale viene preferenziata una anestesia spinale selettiva associata ad una anestesia tronculare (es. blocco popliteo o blocco alla caviglia) per migliorare la copertura del dolore post-operatorio. In alcuni casi viene associata una sedazione farmacologica.

Post-operatorio

Viene mantenuta immobilizzazione a gambaletto per 6 settimane ; durante questo periodo non è concesso il carico.
Successivamente si effettua un carico progressivo e graduale mantenendo gli appoggi per 2-3 settimane ; è consigliabile un opportuno trattamento riabilitativo finalizzato al recupero muscolare , al miglioramento del movimento articolare, alla rieducazione alla marcia ed al controllo dell’edema. In generale un recupero soddisfacente è prevedibile nell’arco di 6 mesi.

Complicanze

Anche se normalmente l’intervento comporta buoni risultati sulla sintomatologia soggettiva , sull’assetto del piede e sull’appoggio e sulla funzionalità globale sono tuttavia possibili alcune complicanze Ciascun gesto chirurgico , anche banale , non è mai privo di rischi ; anche se vengono messe in atto di abitudine tutte le precauzioni possibili per minimizzare il rischio chirurgico questo non potrà mai essere azzerato. Occorre pertanto nella decisione chirurgica , anche da parte del Paziente , valutare le possibili conseguenze negative dell’intervento a fronte dei miglioramenti attesi (“bilancio rischi-benefici”). Conseguenze negative possono essere rappresentate da incompleta risoluzione del problema che ha condotto all’intervento , alla ricomparsa o al peggioramento dei disturbi , al sopravvenire di problemi diversi , spesso imprevedibili e gravi. Tali reazioni avverse possono essere dovute a complicanze dell’intervento ma talvolta ad eventi imprevisti ed imprevedibili dovuti a condizioni locali o problemi di salute generale ; ad esempio l’assunzione di alcuni tipi di farmaci , malattie sistemiche come il diabete o problemi reumatologici , alterazioni circolatorie , il fumo o l’assunzione di droghe , la scarsa collaborazione sono tutte situazioni che comportano un aumento del tasso di complicanze. Le complicanze possono essere distinte in generiche e specifiche ; ovviamente non è possibile elencare tutte le possibili complicanze anche perché alcune di esse incidono in maniera del tutto eccezionale.

In sintesi le principali complicanze possono essere così riassunte:

Complicanze generiche
  • Infezioni circa 2% dei casi; come prevenzione viene effettuata una profilassi antibiotica preoperatoria
  • Tromboflebiti circa 5% dei casi; al fine di ridurre il rischio viene effettuata una profilassi con eparina a basso peso molecolare o altri farmaci che andrà protratta fino a normalizzazione del carico
  • Ritardo di guarigione delle ferite chirurgiche
  • Edema residuo; normalmente un edema più o meno importante può risultare presente nei primi sei mesi e talvolta protrarsi anche successivamente e in rari casi non risolversi completamente
  • Algodistrofia o m. di Sudek
  • Complicanze relative all’anestesia
  • Complicanze di ordine generale
Complicanze specifiche
  • Persistente insufficienza funzionale del TP con recidiva o persistenza della pronazione
  • Intrappolamento o sezione di tronchi nervosi con secondaria sintomatologia anestesica o parestesica
  • Rigidità a carico delle articolazioni adiacenti in particolare tibiotarsica o delle articolazioni del meso-avampiede

Va sottolineato come il tasso di complicanze sia statisticamente più elevato nei reinterventi e che in questi casi , in considerazione della situazione di partenza il risultato finale può non portare al risultato sperato ed in ogni caso è meno prevedibile. Fattori di rischio che comportano aumento delle complicanze sono malattie sistemiche , in particolare il diabete , vasculopatie periferiche arteriose e/o venose , uso di farmaci immunosopressori o cortisonici , fumo , presenza di artrosi , deformità importanti , scarsa collaborazione nel protocollo post-operatorio,…