Le lesioni legamentose di caviglia , in particolare quelle del comparto laterale , sono eventi estremamente comuni ; si stima che negli USA si verifichino ogni giorno più di 23.000 distorsioni di caviglia di gravità variabile (Kamus e Remstrom 1991) ; esse rappresentano in assoluto le lesioni traumatiche più frequenti associate ad attività sportiva (Garrik 1977).
Prevalgono negli sport indoor e da campo come il basket , la pallavolo , il tennis (Hjelm 2010) ; nel basket poi rappresentano da sole più del 45% di tutte le lesioni traumatiche (Andelin 1988).
Sono prevalenti nell’arto dominante e , in percentuale , interessano prevalentemente il sesso femminile (Hosea e Coll. 2000).
Per lo stesso numero di eventi distorsivi la possibilità di sviluppare instabilità cronica è maggiore negli sportivi di alto livello verosimilmente per le maggiori sollecitazioni e la potenziale maggiore esposizione a traumi (Garn e Newton 1988).
E’ indubbiamente limitativo parlare di lesioni legamentose della tibiotarsica in quanto la biomeccanica di questa articolazione è strettamente correlata a quella delle articolazioni più distali come l’astragalo-calcaneo-scafoidea e la calcaneo-cuboidea ; l’astragalo , inoltre , è un osso privo di inserzioni muscolotendinee , la cui stabilità , è assicurata principalmente dai rapporti osteoarticolari e dalle strutture legamentose. E’ pertanto estremamente frequente incontrare interessamento traumatico di legamenti propri della tibiotarsica associato a quello di legamenti biarticolari , come il peroneo calcaneale , ed anche di legamenti più distali come il legamento ad “Y” di Chopart o i legamenti calcaneo-cuboidei nell’ambito di un concetto di “lesioni legamentose periastragaliche” o di “instabilità periastragalica”.
Per semplificare le lesioni legamentose della caviglia possono essere classificate dal punto di vista topografico in
- lesioni legamentose mediali
- lesioni legamentose laterali
e da un punto di vista cronologico in
- lesioni acute
- lesioni croniche o cronicizzate
Le lesioni legamentose mediali sono di regola conseguenza di traumi ad alta energia in eversione (valgismo + extrarotazione) ; questo movimento triplanare provoca , per effetto di cuneo della troclea astragalica , la rottura del legamento deltoideo (o la sua avulsione dal malleolo tibiale o la frattura del malleolo stesso) , la rottura del legamento tibio-peroneale anteriore ed eventualmente della membrana interossea , la frattura del perone in sede sovrasindesmosica , talvolta anche molto prossimale (fr. di Maisonneuve) ; a questa triade può associarsi una frattura per “tassement” della porzione più laterale del pilone tibiale o una frattura marginale posteriore della tibia. Si tratta di lesioni gravi che , per il frequente interessamento articolare e la lussazione dei capi articolari , ha una prognosi poco favorevole. Il trattamento è sempre chirurgico e prevede una sintesi del perone con esatta ricostruzione di lunghezza e rotazione , riduzione e riparazione della sindesmosi che va stabilizzata temporaneamente con sistemi elastici o rigidi , e sutura o reinserzione del legamento deltoideo ; in caso di lesione per affondamento del pilone tibiale o frattura marginale posteriore di tibia occorre procedere ad una esatta ricostruzione articolare eventualmente con uso di innesti. Le lesioni cronicizzate sono molto rare , specie in ambito sportivo , e derivano da lesioni acute non riconosciute o adeguatamente trattate.
Le lesioni legamentose laterali sono di gran lunga quelle più frequenti. L’instabilità laterale acuta si verifica per un trauma in inversione su un piede atteggiato in plantarflessione ; in posizione di equinismo il legamento Peroneo Astragalico Anteriore (lPAA) è molto verticale , quasi come un collaterale di ginocchio. La sollecitazione in varismo determina in un primo tempo un allungamento del lPAA e successivamente la sua rottura ; il piede in questa progressione riduce fino ad annullare l’equinismo mentre il persistere della sollecitazione in varismo provoca distensione e rottura del legamento Peroneo Calcaneale (lPC). Se il trauma progredisce vengono interessati legamenti più distali come l’astragalo-calcaneale esterno e l’astragalo calcaneale interosseo , il retinacolo degli estensori o i legamenti ad “Y” o calcaneo-cuboidei. La clinica di queste lesioni è estremamente caratteristica con sensazione acustica di rottura con percezione di un “crack” ed impotenza funzionale acuta. Estremamente tipico è l’ematoma di Robert-Jaspar dovuto a rottura dei vasi malleolari che decorrono sul lPAA ed altamente indicativo di una sua lesione completa ; si tratta di una tumefazione semisferica localizzata in sede premalleolare laterale a comparsa pressochè immediata dopo il trauma e che altrettanto rapidamente tende a diffondersi producendo una tumefazione più diffusa che interessa ampiamente il versante laterale della caviglia con soffusione ecchimotica. Il dolore è elettivo alla pressopalpazione sul decorso dei legamenti interessati. Due test clinici , il cassetto anteriore ed il talar tilt , sono estremamente indicativi e facilmente evocabili in fase precoce prima dell’instaurarsi di una contrattura antalgica. Il cassetto anteriore viene eseguito con paziente supino , ginocchio flesso a 90° e pianta del piede appoggiata al lettino ; con una mano si mantiene bloccato il piede mentre con l’altra si sollecita anteriormente la tibia , risultando positivo se è possibile dislocare anteriormente la tibia rispetto all’astragalo : è indicativo di lesione del lPAA. Il talar tilt test viene eseguito con paziente prono con piedi fuori dal lettino ; mantenendo con una mano stabilizzata la tibia si imprime una sollecitazione in varismo del retropiede , ottenendo in caso di positività , una apertura laterale percepibile palpatoriamente e visivamente : è indicativo di lesione del lPC. L’esame clinico se correttamente eseguito è molto attendibile nella diagnosi.
Anche nello sportivo di livello l’esecuzione di esami radiografici è indicata solo in caso di sospetta frattura e soggetta alle “Ottawa Ankle Rules” e cioè in caso di
- dolore alla pressopalpazione su apice di malleolo peroneale o tibiale e/o sul margine posteriore dei medesimi per 6 cm prossimalmente all’apice
- dolore alla pressopalpazione della stiloide di M5
- dolore alla pressopalpazione dello scafoide
- impossibilità a caricare
- incapacità di effettuare 4 passi in successione
L’esame ETG presenta una accuratezza del 91% nella diagnosi di lesione del lPAA (la RMN arriva al 97%) ma non è consigliato in quanto troppo condizionata dall’esperienza dell’operatore.
L’esame RMN con apparecchiatura 3T , anche se ovviamente non è un accertamento di routine nel paziente ordinario , è importante negli sportivi di livello , specie in caso di positività di uno e entrambi i tests dinamici , in quanto permette di quantificare esattamente la lesione , di evidenziare eventuali lesioni associate (lesioni condrali o osteocondrali , “bone bruise” , lesioni tendinee in particolare dei peronieri) ed in definitiva di avere una prognosi ed un programma di trattamento più precisi.
Nel grado I (lesioni stabili) il trattamento consiste nell’associazione di riposo , elevazione , ghiaccio e compressione , riassunti nella sigla RICE (Rest, Ice , Compression , Elevation). E’ stato dimostrato con studi di livello I la superiorità del trattamento funzionale sull’immobilizzazione. La prognosi è buona con il ritorno agli allenamenti in 3 settimane. Nelle lesioni di grado II (parzialmente instabili) può essere proposta una immobilizzazione , con la finalità di favorire il riassorbimento dell’ematoma e l’inizio dei processi riparativi , da non protrarre comunque oltre i 10 giorni ; successivamente è indicato un tutore semirigido tipo bivalve da mantenere 3-4 settimane, associato ad esercizi di mobilizzazione guidata , recupero muscolare , terapia fisica strumentale e rieducazione neuromuscolare (studi di livello 2) ; terapie con FANS non andrebbero protratte oltre la V giornata in quanto interferiscono con i processi riparativi (studi di livello1). Le lesioni di III grado sono trattate sostanzialmente con le stesse modalità ; nei casi più gravi può essere utile utilizzare un tutore tipo Walker almeno nelle prime 2/3 settimane.
Tuttavia ad un anno dal trauma dal 5% al 33% dei pazienti con lesione legamentosa laterale lamenta dolore e/o instabilità ; oltre il 34% dei pazienti dopo una lesione legamentosa importante va incontro ad un ulteriore episodio distorsivo nell’anno successivo e tale possibilità è maggiore negli sportivi di alto livello. Pertanto nelle lesioni di grado III (lesioni instabili) in sportivi di livello può essere considerata l’opzione chirurgica per trattare e prevenire l’instabilità , il dolore cronico e le lesioni associate ; in questi casi il ritorno all’attività sportiva è prevedibile nell’arco di 3-4 mesi. I risultati sono incoraggianti ma si tratta di studi di livello 3 e 4.
In definitiva, dal 10% al 30% delle lesioni legamentose laterali di caviglia di grado II e III può andare incontro ad una lassità cronica. Questa è sempre secondaria ad una combinazione di:
Due condizioni possono inoltre influenzare significativamente lo sviluppo della lassità cronica:
La sintomatologia tipica è caratterizzata da episodi frequenti di instabilità ("giving way"), con difficoltà nella deambulazione su terreni irregolari o nei cambi di direzione. Gli sportivi possono riscontrare una riduzione del livello di prestazione e frequenti periodi di stop.
Il dolore non è un sintomo predominante e spesso si manifesta solo dopo l'episodio distorsivo. Tuttavia, la presenza di dolore cronico può indicare patologie associate come:
La lassità cronica laterale può portare, in circa il 78% dei casi, a un'evoluzione artrosica, manifestandosi con varismo articolare, usura cartilaginea sul versante mediale e possibile presenza di corpi mobili articolari.
Il trattamento chirurgico è da considerarsi nei casi di sintomatologia severa dopo un periodo adeguato di trattamento conservativo. Le opzioni includono:
Sia in caso di trattamento conservativo che chirurgico, è fondamentale un corretto programma di recupero per un precoce ritorno all’attività sportiva. Il programma si articola in quattro fasi:
Gli aspetti chiave del recupero includono il controllo dell’edema e del dolore, il recupero della mobilità articolare, il ripristino della forza muscolare e della propriocettività, e infine la ripresa dello specifico gesto sportivo.