Osteotomia correttiva per calcagno varo

Definizione di OSTEOTOMIA

Si intende per osteotomia la sezione chirurgica di un determinato segmento osseo (in questo caso il calcagno) ; viene utilizzato per modificarne la forma e/o l’orientamento. Si tratta pertanto di una sorta di frattura “artificiale” che viene fatta guarire in una posizione differente dall’originale ; nella maggior parte dei casi per favorire la consolidazione e per evitare spostamenti indesiderati , i segmenti ossei vengono fissati con mezzi di sintesi (fili di Kirschner , viti , placche .ecc). L’osteotomia può essere eseguita

  • con un taglio lineare , su un solo piano o su due piani convergenti; in questo caso la correzione viene ottenuta facendo scivolare tra loro i due segmenti
  • asportando un cuneo osseo e pertanto modificando l’angolazione del segmento interessato ; in questo caso si parla più correttamente di osteotomia di sottrazione
  • con un taglio lineare ed inserendo nello spazio un cuneo osseo (innesto) ; in questo caso si definisce osteotomia in addizione

Essendo un intervento extraarticolare non va in teoria a compromettere il movimento delle articolazioni vicine. Nel caso specifico l’osteotomia viene utilizzata per correggere un eccessivo varismo , cioè un eccessivo orientamento verso l’interno, del calcagno e/o del retropiede e prevede l’asportazione di un cuneo osseo a base laterale.

Indicazione per l'intervento

L’intervento viene utilizzato in caso di varismo strutturato del calcagno , cioè una deviazione all’interno del retropiede non compensabile con plantari o altri accorgimenti. Questa situazione viene osservata frequentemente in caso di piede cavo. Perché l’osteotomia abbia un buon risultato è importante che le articolazioni adiacenti siano indenni da alterazioni artrosiche e con buona mobilità.

Tecnica chirurgica

La tecnica più utilizzata è la resezione cuneiforme a base laterale obliqua di circa 45° descritta da Dwyer; l’intervento trova indicazione nei casi di deformità strutturale in varo-escurvato del calcagno cioè con persistenza di varismo dopo adeguata correzione del meso-avampiede. Il Paziente viene posizionato in decubito laterale. Si esegue un accesso laterale di circa 4 cm posteriormente al nervo surale ed ai tendini peronieri ; esposta la parete laterale del calcagno si esegue una resezione cuneiforme a base laterale di circa 15 mm conservando la corticale mediale ; la stabilizzazione viene effettuata con fili di Kirschner , cambre o viti. In caso di deformità con componente in varismo puro del calcagno , con estrinsecazione cioè nel piano frontale , possono essere utilizzate osteotomie descritte da Pisani e da Malerba che hanno un effetto correttivo specifico in questo piano ; l’osteotomia di Pisani prevede una resezione cuneiforme a base laterale sottotalamica , con conservazione della corticale mediale e con un decorso pressochè parallelo al piano di appoggio , abbinata ad una osteotomia completa angolata a 90° rispetto alla precedente e localizzata distalmente per permettere la dislocazione in senso valgizzante della tuberosità posteriore. L’osteotomia a “Z” di Malerba rappresenta una variante della precedente con una linea osteotomica posteriore , anch’essa ortogonale alla resezione sottotalamica , per evitare un possibile sconfinamento nell’area di inserzione del tendine di Achille. Anche in questo caso la fissazione avviene con fili di Kirschner , cambre o viti. Raramente comunque queste osteotomie vengono eseguite isolatamente ma spesso in associazione con altri tempi chirurgici ossei o sulle parti molli.

Anestesia

La scelta della tecnica anestesiologica più idonea è compito del Collega anestesista. In generale viene preferenziata una anestesia spinale selettiva associata ad una anestesia tronculare (es. blocco popliteo o blocco alla caviglia) per migliorare la copertura del dolore post-operatorio. In alcuni casi viene associata una sedazione farmacologica.

Post-operatorio

La consolidazione dell’osteotomia avviene in media in un periodo di circa 5-6 settimane ; durante questo periodo non è concesso il carico ; normalmente viene mantenuto un apparecchio gessato a doccia posteriore o un tutore. Successivamente si effettua un carico progressivo e graduale mantenendo gli appoggi per 2-3 settimane ; è consigliabile un opportuno trattamento riabilitativo finalizzato al recupero muscolare , al miglioramento del movimento articolare, alla rieducazione alla marcia ed al controllo dell’edema. In generale un recupero soddisfacente è prevedibile nell’arco di 6 mesi.

Complicanze

Anche se normalmente l’intervento comporta buoni risultati sulla sintomatologia soggettiva , sull’assetto del piede e sull’appoggio e sulla funzionalità globale sono tuttavia possibili alcune complicanze Ciascun gesto chirurgico , anche banale , non è mai privo di rischi ; anche se vengono messe in atto di abitudine tutte le precauzioni possibili per minimizzare il rischio chirurgico questo non potrà mai essere azzerato. Occorre pertanto nella decisione chirurgica , anche da parte del Paziente , valutare le possibili conseguenze negative dell’intervento a fronte dei miglioramenti attesi (“bilancio rischi-benefici”). Conseguenze negative possono essere rappresentate da incompleta risoluzione del problema che ha condotto all’intervento , alla ricomparsa o al peggioramento dei disturbi , al sopravvenire di problemi diversi , spesso imprevedibili e gravi. Tali reazioni avverse possono essere dovute a complicanze dell’intervento ma talvolta ad eventi imprevisti ed imprevedibili dovuti a condizioni locali o problemi di salute generale ; ad esempio l’assunzione di alcuni tipi di farmaci , malattie sistemiche come il diabete o problemi reumatologici , alterazioni circolatorie , il fumo o l’assunzione di droghe , la scarsa collaborazione sono tutte situazioni che comportano un aumento del tasso di complicanze. Le complicanze possono essere distinte in generiche e specifiche ; ovviamente non è possibile elencare tutte le possibili complicanze anche perché alcune di esse incidono in maniera del tutto eccezionale.

In sintesi le principali complicanze possono essere così riassunte:

Complicanze Generiche
  • infezioni circa 2% dei casi; come prevenzione viene effettata una profilassi antibiotica preoperatoria
  • tromboflebiti circa 5% dei casi ; al fine di ridurre il rischio viene effettuata una profilassi con eparina a basso peso molecolare o altri farmaci che andrà protratta fino a normalizzazione del carico
  • ritardo di guarigione delle ferite chirurgiche
  • edema residuo; normalmente un edema più o meno importante può risultare presente nei primi sei mesi e talvolta protrarsi anche successivamente e in rari casi non risolversi completamente
  • Algodistrofia o m. di Sudek
  • Complicanze relative all’anestesia
  • Complicanze di ordine generale
Complicanze Specifiche
  • mancata fusione dell’osteotomia in circa 5 % dei casi specie in soggetti fumatori, vasculopatici, diabetici, ecc.
  • intrappolamento o sezione di tronchi nervosi con secondaria sintomatologia anestesica o parestesica
  • malallineamento cioè deviazione all’interno o all’esterno del tallone
  • rigidità a carico delle articolazioni adiacenti in particolare tibiotarsica o delle articolazioni del meso-avampiede
  • rottura dei mezzi di sintesi

Va sottolineato come il tasso di complicanze sia statisticamente più elevato nei reinterventi e che in questi casi, in considerazione della situazione di partenza il risultato finale può non portare al risultato sperato ed in ogni caso è meno prevedibile. Fattori di rischio che comportano aumento delle complicanze sono malattie sistemiche, in particolare il diabete, vasculopatie periferiche arteriose e/o venose, uso di farmaci immunosopressori o cortisonici, fumo, presenza di artrosi, deformità importanti, scarsa collaborazione nel protocollo post-operatorio,…