L’intervento di artrodesi consiste nel bloccaggio chirurgico di una o più articolazioni; nel caso specifico l’articolazione tra astragalo e calcagno. A seguito dell’intervento viene pertanto perso il movimento di pronosupinazione (cioè il movimento di lateralità del piede) che peraltro in molti casi risulta già molto compromesso prima dell’intervento.
L’intervento si rende necessario in caso di importanti alterazioni strutturali dell’articolazione secondarie a patologie degenerative, primitive o secondarie, infiammatorie, dismetaboliche, malformative, ecc., che comportano dolore, limitazione o abolizione del movimento articolare o lussazione, sublussazione o incongruenza articolare.
Le situazioni in cui più frequentemente si ricorre all’artrodesi astragalo-calcaneale sono le seguenti:
In un primo tempo il trattamento può essere conservativo (farmaci antiinfiammatori, fisioterapia, infiltrazioni, plantari, …).
Si prende in considerazione l’intervento quando questi trattamenti non modificano i disturbi del Paziente. Dal punto di vista chirurgico in caso di grave artropatia non sono disponibili altre opzioni in quanto non esistono protesi specifiche per questa articolazione e gli interventi di cheilectomia o artroplastica (cioè pulizia articolare o rimodellamento) non danno buoni risultati.
L’intervento viene eseguito tramite un accesso laterale di circa 6 cm. Consiste nella asportazione delle residue cartilagini articolari e nella fissazione dell’articolazione in posizione funzionale con fili di Kirschner, viti, placche o altri dispositivi di osteosintesi; in alcune situazioni, specie in caso di perdita di sostanza ossea, è necessario inserire innesti ossei di regola prelevati dalla tibia prossimale o dal bacino.
La scelta della tecnica anestesiologica più idonea è compito del Collega anestesista.
In generale viene preferenziata una anestesia spinale selettiva associata ad una anestesia tronculare (es. blocco popliteo o blocco alla caviglia) per migliorare la copertura del dolore post-operatorio.
In alcuni casi viene associata una sedazione farmacologica.
La consolidazione dell’artrodesi avviene in media in un periodo di circa due mesi; durante questo periodo non è concesso il carico; normalmente per le prime 4-6 settimane viene mantenuto un apparecchio gessato a doccia posteriore o un tutore.
Successivamente si effettua un carico progressivo e graduale mantenendo gli appoggi per circa 20-30 giorni; è consigliabile un opportuno trattamento riabilitativo finalizzato al recupero muscolare, al miglioramento del movimento della caviglia (flessoestensione), alla rieducazione alla marcia ed al controllo dell’edema.
In generale un recupero soddisfacente è prevedibile nell’arco di 6 mesi.
Ciascun gesto chirurgico, anche banale, non è mai privo di rischi; anche se vengono messe in atto di abitudine tutte le precauzioni possibili per minimizzare il rischio chirurgico, questo non potrà mai essere azzerato.
Occorre pertanto nella decisione chirurgica, anche da parte del Paziente, valutare le possibili conseguenze negative dell’intervento a fronte dei miglioramenti attesi (“bilancio rischi-benefici”).
Le complicanze possono essere distinte in generiche e specifiche; normalmente l’intervento comporta buoni risultati sul dolore articolare, sull’assetto del piede e sull’appoggio e sulla ripresa funzionale anche se raramente il recupero funzionale è completo.
Va sottolineato come il tasso di complicanze sia statisticamente più elevato nei reinterventi e che in questi casi, in considerazione della situazione di partenza, il risultato finale può non portare al risultato sperato ed è meno prevedibile.
Fattori di rischio che comportano aumento delle complicanze sono malattie sistemiche, in particolare il diabete, vasculopatie periferiche arteriose e/o venose, uso di farmaci immunosoppressori o cortisonici, fumo, presenza di artrosi, deformità importanti, scarsa collaborazione nel protocollo post-operatorio, ecc.