Intervento di artrodesi astragalo-calcaneoscafoidea per piede piatto degenerativo stadio III

Definizione di Piede Piatto Degenerativo Stadio III

Il piede piatto è una alterazione statica che comporta deformità sui tre piani dello spazio (valgismo di retropiede, abduzione e varismo dell’avampiede, abbassamento della volta plantare, …).
Esistono differenti gradi di gravità; in una prima fase la deformità è elastica e ben correggibile, mentre con il passare del tempo possono intervenire rigidità e limitazione dell’articolarità in particolare nei movimenti di pronosupinazione (cioè movimenti di lateralità), peggioramento della deformità ed alterazioni funzionali.
In alcuni casi la deformità è stabile nel tempo e ben controllabile con terapie conservative ma spesso va incontro ad una progressione di peggioramento con accentuazione della deformità e dei disturbi.

Definizione di Artrodesi

L’intervento di artrodesi consiste nel bloccaggio chirurgico di una o più articolazioni; nel caso specifico l’articolazione tra astragalo, calcagno e scafoide.
A seguito dell’intervento vengono pertanto persi alcuni movimenti del piede, in questo caso il movimento di pronosupinazione che peraltro risulta già molto compromesso prima dell’intervento.

Motivazione dell'Intervento

L’intervento si rende necessario in caso di importanti alterazioni strutturali in pronazione del piede che comportano dolore, limitazione del movimento articolare, alterazioni funzionali in particolare riduzione dell’autonomia di marcia e difficoltà alla stazione eretta; in questi casi non esistono alternative chirurgiche all’intervento di artrodesi in quanto per questa articolazione non sono applicabili protesi o altri dispositivi per ripristinare le condizioni di normale appoggio.

Possibilità di Procedure Alternative

In un primo tempo il trattamento può essere conservativo (plantari o tutori, farmaci antiinfiammatori, fisioterapia, infiltrazioni, …).
Si prende in considerazione l’intervento quando questi trattamenti non modificano i disturbi del Paziente o in caso di rapido aggravamento delle condizioni cliniche.

Tecnica Chirurgica

L’intervento consiste nella asportazione delle residue cartilagini articolari, nella correzione della deformità recuperando in particolare il corretto asse del retropiede e nella fissazione dell’articolazione con viti o fili di Steinmann; in alcuni casi è necessario inserire innesti ossei prelevati dalla cresta iliaca o dalla tibia prossimale.
In generale si utilizza un doppio accesso, mediale e laterale.

Frequentemente è necessario ricorrere a tempi chirurgici accessori:

  • Allungamento del tricipite o del tendine di Achille
  • Artrodesi di altre articolazioni della colonna mediale (scafo-cuneoiforme o cuneo-metatarsea Ia)

Anestesia

La scelta della tecnica anestesiologica più idonea è compito del Collega anestesista.
In generale viene preferenziata una anestesia spinale selettiva associata ad una anestesia tronculare (es. blocco popliteo o blocco alla caviglia) per migliorare la copertura del dolore post-operatorio.
In alcuni casi viene associata una sedazione farmacologica.

Decorso Post-Operatorio

La consolidazione dell’artrodesi avviene in media in un periodo di circa due mesi; durante questo periodo non è concesso il carico; normalmente per le prime 4-6 settimane viene mantenuto un apparecchio gessato a doccia posteriore o un tutore.
Successivamente si effettua un carico progressivo e graduale mantenendo gli appoggi per circa 20-30 giorni; è consigliabile un opportuno trattamento riabilitativo finalizzato al recupero muscolare, al miglioramento del movimento della caviglia (flessoestensione), alla rieducazione alla marcia ed al controllo dell’edema.
In generale un recupero soddisfacente è prevedibile nell’arco di 6 mesi.

Complicanze

Ciascun gesto chirurgico, anche banale, non è mai privo di rischi; anche se vengono messe in atto di abitudine tutte le precauzioni possibili per minimizzare il rischio chirurgico, questo non potrà mai essere azzerato.
Occorre pertanto nella decisione chirurgica, anche da parte del Paziente, valutare le possibili conseguenze negative dell’intervento a fronte dei miglioramenti attesi (“bilancio rischi-benefici”).
Le complicanze possono essere distinte in generiche e specifiche; normalmente l’intervento comporta buoni risultati sul dolore articolare, sull’assetto del piede e sull’appoggio e sulla ripresa funzionale anche se raramente il recupero funzionale è completo.

In sintesi le principali complicanze possono essere così riassunte:

Complicanze Generiche
  • Infezioni circa 2% dei casi; come prevenzione viene effettuata una profilassi antibiotica preoperatoria
  • Tromboflebiti circa 5% dei casi; al fine di ridurre il rischio viene effettuata una profilassi con eparina a basso peso molecolare o altri farmaci che andrà protratta fino a normalizzazione del carico
  • Ritardo di guarigione delle ferite chirurgiche
  • Edema residuo; normalmente un edema più o meno importante può risultare presente nei primi sei mesi e talvolta protrarsi anche successivamente e in rari casi non risolversi completamente
  • Algodistrofia o m. di Sudek
  • Complicanze relative all’anestesia
  • Complicanze di ordine generale
Complicanze Specifiche
  • Mancata fusione dell’artrodesi circa 5% dei casi specie in soggetti fumatori, vasculopatici, diabetici, ecc.
  • Persistenza di dolore locale nel post-operatorio
  • Intrappolamento o sezione di tronchi nervosi con secondaria sintomatologia anestesica o parestesica
  • Malallineamento cioè deviazione all’interno o all’esterno del tallone
  • Rigidità a carico delle articolazioni adiacenti in particolare tibiotarsica o delle articolazioni del meso-avampiede
  • Rottura dei mezzi di sintesi
  • Processi degenerativi nelle articolazioni vicine
  • Fratture patologiche
  • Necrosi ossee

Va sottolineato come il tasso di complicanze sia statisticamente più elevato nei reinterventi e che in questi casi, in considerazione della situazione di partenza, il risultato finale può non portare al risultato sperato ed è meno prevedibile.
Fattori di rischio che comportano aumento delle complicanze sono malattie sistemiche, in particolare il diabete, vasculopatie periferiche arteriose e/o venose, uso di farmaci immunosoppressori o cortisonici, fumo, presenza di artrosi, deformità importanti, scarsa collaborazione nel protocollo post-operatorio, ecc.