L’alluce valgo è una deformità molto comune del piede caratterizzata dalla deviazione verso l’esterno (in valgo) dell’alluce e da una contemporanea deviazione all’interno del 1° metatarsale , l’osso situato immediatamente a monte dell’alluce con il quale si articola. La deviazione angolare dei due segmenti ossei determina la formazione della caratteristica prominenza sul bordo interno del piede ; questa non è pertanto dovuta ad osso “in più” ma semplicemente ad una anomala posizione di ossa normalmente presenti nel piede. Anche se la deviazione verso l’esterno dell’alluce è l’elemento più caratteristico , l’alluce valgo è in effetti una deformità che interessa contemporaneamente tutti i piani dello spazio ; infatti l’alluce risulta anche più o meno ruotato con l’unghia che guarda verso l’interno del piede ed il metatarsale tende a sollevarsi , prendendo contatto in maniera minore sul piano d’appoggio. Con il tempo le parti molli ( muscoli , tendini e legamenti ) si adattano progressivamente a questa situazione favorendo il mantenimento ed il peggioramento della deformità. L’alluce valgo è inoltre , nella maggior parte dei casi , una deformità progressiva che nel tempo può portare , per alterazioni biomeccaniche , a deformità dei raggi laterali. L’insufficienza funzionale dell’alluce ed in generale del I° raggio comporta un aumento di carico sui raggi laterali , in particolare II III. Ciò si traduce in un primo tempo in alterazioni funzionali ed infiammatorie (dolore articolare delle metatarso-falangee , artrosinoviti , ipercheratosi, …) e progressivamente in alterazioni strutturali (cedimento e rottura della placca plantare delle metatatrso-falangee con instabilità ,sublussazioni e lussazioni , deviazione e deformità delle dita sui vari piani dello spazio, retrazioni tendinee , ..)
Il motivo principale per il trattamento chirurgico è il dolore in particolare frequenti episodi borsitici , dolore articolare , metatarsalgia ai raggi laterali; altre situazioni che giustificano l’intervento sono la difficoltà all’uso delle calzature , disturbi statici , rapida progressione della deformità. L’intervento non è consigliabile per pure finalità estetiche o in casi asintomatici.
Non esistono sicure dimostrazioni sull’efficacia di correzioni non chirurgiche. L’impiego di tutori notturni non è efficace nell’adulto , in quanto le maggiori forze deformanti si sviluppano durante la deambulazione , mentre nel bambino , dove l’osso è più plastico , sembra che possano avere una qualche utilità. I presidi da usare durante la deambulazione (separadito o ortesi analoghe) hanno più un effetto sintomatico nell’evitare conflitti con la calzatura o con le dita vicine che un reale effetto correttivo. Una azione nel rallentare l’evoluzione della deformità è sicuramente svolta da plantari di compenso in caso di importante pronazione del piede ; talvolta questi presidi dovrebbero essere utilizzati anche dopo un eventuale intervento per ridurre i rischi di recidiva in piedi predisposti. Plantari specifici con scarico metatarsale sono utilizzati nel trattamento delle metatarsalgie biomeccaniche , specie in fase precoce , per ridurre il carico in corrispondenza dei raggi laterali.
Anche se nel corso degli anni sono stati descritti molti tipi di interventi chirurgici correttivi
per l’alluce valgo, attualmente si utilizzano di preferenza tecniche che conservano l’articolazione
e correggono le deformità ossee per mezzo di osteotomie (cioè “fratture” artificiali che permettono
di spostare l’osso nel modo voluto).
Nella maggior parte dei casi si utilizza una osteotomia della parte distale del 1° metatarsale che
permette di spingere all’interno e di abbassare la prominenza ossea; il frammento dislocato viene
successivamente fissato nella posizione voluta utilizzando viti, fili metallici o altri
dispositivi.
Vengono successivamente bilanciati i tendini ed i legamenti dell’alluce per assicurarne una corretta
posizione.
In alcuni casi è necessaria una osteotomia della prima falange dell’alluce per correggere deformità
presenti a questo livello o per accorciare l’alluce.
In casi particolarmente gravi, quando sia presente una grave artrosi, l’articolazione dell’alluce
non può essere conservata e in questo caso si ricorre ad interventi di “bloccaggio”
dell’articolazione (artrodesi) o a interventi di rimodellamento articolare (artroplastica).
Le metodiche cosiddette percutanee non hanno a tutt’oggi una validazione scientifica che ne dimostri
la reale superiorità rispetto alle metodiche tradizionali.
Il trattamento delle alterazioni dei raggi laterali consiste in:
La scelta della tecnica anestesiologica più idonea è compito del Collega anestesista. In generale vengono preferenziate anestesie tronculari (es. blocco popliteo o blocco alla caviglia) che assicurano una completa analgesia durante l’intervento ed una ottima copertura del dolore post-operatorio. In alcuni casi viene associata una sedazione farmacologica.
Normalmente dopo l’intervento viene confezionato un bendaggio mantenuto per 4/5 settimane.
Salvo casi particolari, il Paziente può iniziare ad appoggiare il piede con l’aiuto di stampelle e
indossando una apposita calzatura nei primi giorni dopo l’intervento.
È importante alternare periodi di deambulazione con periodi di riposo con arto sollevato.
Le stampelle vengono mantenute fino a quando il Paziente non acquisisce sufficiente sicurezza.
Allo scadere delle 4/5 settimane, previo controllo clinico e radiografico, viene concessa la
deambulazione con calzatura normale, ovviamente comoda e non costrittiva.
Le normali attività quotidiane vengono generalmente riprese entro due mesi.
Sono consigliati controlli dopo 3 e 12 mesi dall’intervento per monitorare il risultato.
Il trattamento fisioterapico è consigliabile solo in casi particolari.
Ciascun gesto chirurgico, anche banale, non è mai privo di rischi; anche se vengono messe in atto di
abitudine tutte le precauzioni possibili per minimizzare il rischio chirurgico, questo non potrà mai
essere azzerato.
Occorre pertanto nella decisione chirurgica, anche da parte del Paziente, valutare le possibili
conseguenze negative dell’intervento a fronte dei miglioramenti attesi (“bilancio
rischi-benefici”).
Conseguenze negative possono essere rappresentate da incompleta risoluzione del problema che ha
condotto all’intervento, alla ricomparsa o al peggioramento dei disturbi, al sopravvenire di
problemi diversi, spesso imprevedibili e gravi.
Tali reazioni avverse possono essere dovute a complicanze dell’intervento ma talvolta ad eventi
imprevisti ed imprevedibili dovuti a condizioni locali o problemi di salute generale; ad esempio,
l’assunzione di alcuni tipi di farmaci, malattie sistemiche come il diabete o problemi
reumatologici, alterazioni circolatorie, il fumo o l’assunzione di droghe, la scarsa collaborazione
sono tutte situazioni che comportano un aumento del tasso di complicanze.
Le complicanze possono essere distinte in generiche e specifiche; ovviamente non è possibile
elencare tutte le possibili complicanze anche perché alcune di esse incidono in maniera del tutto
eccezionale.
Complicanze aspecifiche sono le infezioni o le complicanze vascolari, in particolare a carico della
rete venosa; si tratta comunque di complicanze molto rare che vengono controllate con una opportuna
profilassi farmacologica ed igienica.
Anche le complicanze specifiche, cioè proprie dell’intervento correttivo per alluce valgo, sono
piuttosto infrequenti anche se complessivamente raggiungono il 15-20% dei casi operati.
La più temuta è la recidiva del valgismo (cioè il ritorno alla situazione di partenza), ma in
effetti risulta essere piuttosto rara (meno del 5% dei casi) da quando si utilizzano tecniche che
correggono la deformità a livello osseo e pertanto in maniera stabile.
Un problema piuttosto frequente è rappresentato dalla persistenza di gonfiore del piede nelle
settimane successive all’intervento; si tratta di una situazione temporanea causata da difetti
circolatori (insufficienza venosa o linfatica, varici…) che in genere tende progressivamente a
risolversi con la ripresa di una deambulazione regolare.
Ovviamente nella qualità del risultato è molto importante la situazione iniziale; risultati migliori
si ottengono in casi di media gravità e in soggetti relativamente giovani mentre casi più gravi, in
cui spesso sono già presenti alterazioni artrosiche, sono gravati da un maggior tasso di
complicanze.
Va sottolineato come il tasso di complicanze sia statisticamente più elevato nei reinterventi e che
in questi casi, in considerazione della situazione di partenza, il risultato finale può non portare
al risultato sperato ed è meno prevedibile.
Fattori di rischio che comportano aumento delle complicanze sono malattie sistemiche, in particolare
il diabete, vasculopatie periferiche arteriose e/o venose, uso di farmaci immunosoppressori o
cortisonici, fumo, presenza di artrosi, deformità importanti, scarsa collaborazione nel protocollo
post-operatorio, ecc.