LASSITÀ  CRONICA  DI  CAVIGLIA

DEFINIZIONE 
La lassità di una articolazione è una eccessiva mobilità dell’articolazione stessa causata da una insufficiente tenuta dei legamenti che sono le strutture che passivamente mantengono ravvicinati due segmenti ossei adiacenti.

Questa condizione può essere costituzionale, per eccessiva elasticità congenita dei legamenti, o essere secondaria ad una cattiva guarigione di una lesione legamentosa; nel primo caso la condizione interessa tutte le articolazioni dell’organismo, anche se spesso in modo differente, mentre nel secondo caso è sempre secondaria ad uno o più traumi.
Non raramente le due condizioni sono associate cioè si verificano traumi distorsivi su una condizione di lassità congenita.

 

SINTOMATOLOGIA
Nel caso specifico della caviglia la sintomatologia è caratterizzata da instabilità cioè da insicurezza e frequenti cedimenti specie alla marcia su terreni irregolari; spesso si verificano episodi distorsivi ripetuti anche senza apparenti fattori causali.
La caviglia risulta spesso tumefatta e dolente specie in vicinanza di traumi distorsivi.
All’esame obiettivo è costante una eccessiva mobilità della caviglia con possibilità di raggiungere posizioni forzate (manovra in varo equino e in cassetto anteriore); in genere queste manovre non risultano dolorose perché ormai i legamenti hanno perso la normale tensione.
Questi microtraumi ripetuti condizionano spesso una situazione di infiammazione cronica dell’articolazione (sinovite); spesso si verificano piccole lesioni della cartilagine con distacco di piccoli frammenti articolari che si comportano come corpi mobili come pure lesioni dei tendini satelliti (in questo caso i tendini peronieri).
La diagnostica strumentale deve prevedere radiografie convenzionali ed eventualmente dinamiche e un esame RMN per valutare soprattutto le condizioni delle cartilagini articolari.

 

TRATTAMENTO

Normalmente il primo trattamento è di tipo riabilitativo e consiste in una specifica rieducazione della muscolatura satellite finalizzata ad acquisire un maggior controllo della stabilità attiva. Questo trattamento va prolungato per qualche mese ed è spesso sufficiente a risolvere il problema della instabilità soggettiva; anche nei casi in cui i risultati non sono sufficienti andrebbe comunque attuato in quanto permette di arrivare all’intervento in migliori condizioni muscolari.
Dal punto di vista chirurgico il trattamento consiste in interventi finalizzati a ripristinare una struttura legamentosa quanto più prossima alla normalità.
A questo scopo esistono due grossi gruppi di interventi, quelli che consistono nel rimettere in tensione i legamenti distesi e allungati e quelli che prevedono la ricostruzione dei legamenti con tendini di vicinanza.
Gli interventi del primo tipo hanno il vantaggio di permettere una ricostruzione anatomica dei legamenti che pertanto non cambiano i loro punti di inserzione e non alterano la meccanica articolare; l’intervento consiste nella duplicatura o nella reinserzione dei legamenti lesionati, eventualmente rinforzandoli con il retinacolo degli estensori, banda fibrosa che decorre nell’immediata adiacenza.
Quando i legamenti originari non sono più utilizzabili perché eccessivamente assottigliati o atrofici si utilizzano nella ricostruzione strutture di vicinanza ricorrendo generalmente all’impiego di tendini o di parti di tendini; questi vengono fatti decorrere entro tunnel ossei opportunamente preparati in modo da ricostruire la direzione dei legamenti normali.
Dopo questi interventi la caviglia viene immobilizzata in tutore o doccia gessata per almeno 4 settimane; segue un idoneo periodo di rieducazione funzionale.