LE TENDINOPATIE DEL TIBIALE ANTERIORE
Autori: Dott. L. Milano, Dott. I. Bagnoli, Dott. G. Peretti
Clinica Cellini - Torino - Servizio di Chirurgia del Piede e della Caviglia (Responsabile: Dr. L.Milano)
INTRODUZIONE
Il muscolo tibiale anteriore origina dalla metà prossimale del versante anteriore della tibia, dalla porzione inferiore del condilo tibiale laterale, dal versante laterale della tibia e dalla membrana interossea e si inserisce sulla superficie medio-plantare del primo metatarsale e del primo cuneiforme.
Diviene tendineo tra il terzo medio e il terzo distale della tibia ove è circondato da una guaina sinoviale; decorre al di sotto del retinacolo superiore degli estensori e dei rami superiore ed inferiore del retinacolo inferiore degli estensori.
E’ il più forte e resistente dei tendini dorsiflessori del piede (1),soprattutto durante la fase di oscillazione, nel contatto del tallone e nella fase iniziale di appoggio della deambulazione.
Innervato dal nervo peroneo profondo, il tibiale anteriore flette dorsalmente il piede, lo inverte e provvede a controllare la flessione plantare nel momento del contatto del tallone.
Nella sua parte prossimale è irrorato dalla arteria tibiale anteriore mentre distalmente l’apporto di sangue è a carico di branche delle arterie tarsali mediali. La maggior parte del tendine è rivestito da paratenonio, nel quale i vasi penetrano ortogonalmente rispetto ad esso; nel contesto tendineo invece, i vasi decorrono longitudinalmente ossia parallelamente alle fibre del tendine stesso.
La distribuzione della vascolarizzazione del tibiale anteriore non è omogenea; se infatti essa risulta completa nella porzione posteriore del tendine dalla giunzione miotendinea fino alla sua inserzione distale, nella porzione anteriore si evidenzia una zona avascolare pari ad una lunghezza stimabile tra i 45-67 mm. Tale distanza risulta lievemente superiore a quella esistente tra i due retinacoli che invece è circa tra 28 e i 47 mm e ciò verosimilmente per una graduale escursione longitudinale del tendine dovuta a forze di trazione tipiche laddove lo scorrimento avvenga nei pressi di resistenti puleggie. A questo proposito, diversi Autori hanno dimostrato come in queste sedi anatomiche si riscontrino aree di fibrocartilagine proprio come funzionale adattamento in localizzazioni ove le forze di tensione appaiono particolarmente forti. In realtà proprio uno studio recente evidenzierebbe invece come nel tibiale anteriore non vi sia formazione di fibrocartilagine ma solo di un sottile strato di cellule condroidi(2).
Queste zone di assenza di vascolarizzazione corrispondono alle porzioni tendinee che decorrono nelle vicinanze del retinacolo superiore ed inferiore e rappresentano le regioni in cui più facilmente occorrono le rotture spontanee del tibiale anteriore.
Molti autori sono concordi infatti nell’affermare che la degenerazione tendinea sia causa di rottura spontanea del tendine stesso (3),che l’ipossia tissutale sia un fattore fondamentale per la degenerazione tendinea e che la maggior parte di rotture spontanee avvenga in zone ipovascolari .
CLASSIFICAZIONE
Le tendinopatie del TA possono schematicamente essere suddivise nel modo seguente (4)
a) malformazioni congenite
b) tendinopatie ad eziologia meccanica
- tendinopatie inserzionali
- tenosinoviti stenosanti
- tenosinoviti ipertrofico-essudative
- tendinosi
c) rotture sottocutanee
d) tenosinoviti batteriche
e) tendinopatie da malattie dismetaboliche e da collagenopatie
f) tumori e lesioni pseudotumorali
La classificazione ricalca quella applicabile ad altri distretti tendinei con la particolarità che relativamente al TA si tratta in molti casi di affezioni del tutto infrequenti o molto rare.
Nella trattazione faremo riferimento solo alle tendinopatie ad eziologia meccanica in quanto le altre patologie verranno trattate in apposite sezioni ; anche le tendinopatie inserzionali , peraltro di riscontro piuttosto infrequente , verranno sviluppate in apposito capitolo
Il capitolo delle rotture sottocutanee è stato mantenuto distinto dalle tendinosi o da altre tendinopatie in quanto la rottura si può verificare anche in tendini apparentemente sani o comunque in situazioni non precedentemente sintomatiche.
TENDINOPATIE AD EZIOLOGIA MECCANICA
Si tratta di un gruppo di tendinopatie accomunate da una eziopatogenesi meccanica che può estrinsecarsi sotto forma di:
- trauma diretto
- microtraumi ripetuti esogeni ( calzature particolari , terreni di allenamento , atrezzi sportivi o lavorativi,…)
- microtraumi ripetuti endogeni ( osteofiti artrosici o esito di fratture , contrazioni muscolari anomale , ipersollecitazioni funzionali , …).
Oltre al fattore meccanico , di gran lunga preponderante , entrano verosimilmente in gioco fattori costituzionali come l’età e la reattività tissutale.
a) TENDINOPATIA INSERZIONALE (v. Capitolo relativo)
b) TENOSINOVITE STENOSANTE
Si tratta di una affeziono molto rara (4) e comunque difficilmente differenziabile clinicamente ed anche all’esame anatomochirurgico dalle più comuni tenosinoviti ipertrofico-essudative.
In questo caso la stenosi si verifica in corrispondenza delle branche del legamento ad “Y” che determinano un effetto di stenosi ed un ostacolo allo scorrimento del tendine. Talvolta si può rilevare un riscontro palpatorio di crepitio allo scorrimento tendineo
La sintomatologia consiste in dolore e tumefazione sul decorso del tendine nel tratto corrispondente al collo piede con difficoltà ai movimenti di flessoestensione per l’ostacolo meccanico allo scorrimento del tendine.
In caso di non risposta alle terapie conservative come riposo o breve immobilizzazione , terapia fisica ed eventuale terapia infiltrativa è indicata la terapia chirurgica che consiste nell’apertura della guaina fino ad ottenere un normale scorrimento del tendine.
c) TENOSINOVITE IPERTOFICO-ESSUDATIVA
Sono patologie piuttosto rare che si osservano essenzialmente in due situazioni e cioè :
- soggetti giovani dediti ad attività sportive o lavorative che prevedano uso di calzature a tomaia alta e movimenti ripetuti di flessione dorsale del piede
- adulti od anziani con alterazioni statiche del piede come piede piatto e/o alluce valgo.
Dal punto di vista anatomopatologico la condizione è caratterizzata da flogosi e da proliferazione della sinoviale della guaina tendinea e da incremento del liquido fisiologicamente presente tra i due foglietti viscerale e parietale.
Clinicamente si manifesta con tumefazione in corrispondenza del decorso della porzione sinoviale del tendine ; la guaina si presenta spesso molto distesa con apprezzamento palpatorio di liquido fluttuante all’interno ; viene improntata dai retinacoli nei tratti in cui incrociano il tendine. Il dolore è spesso spontaneo e viene esacerbato dai movimenti di flessione dorsale.
La diagnosi risulta di regola agevole e può essere confermata con esami strumentali quali ETG o RMN.
Il trattamento consiste nella rimozione degli elementi causali (calzature , attività , …) e/o nel compenso ortesico qualora necessario , nel riposo o nell’immobilizzazione per breve periodo , nella terapia con FANS , trattamenti fisici o eventuali infiltrazioni peritendinee ; nei rari casi che non rispondono alla terapia conservativa va considerata la sinoviectomia chirurgica.
d) TENDINOSI
Sono caratterizzate dalla presenza di diverse alterazioni degenerative (degenerazione ialina , degenerazione mucoide o mixoide , degenerazione o necrosi fibrinoide , degenerazione grassa , calcificazioni) talvolta associate tra loro.
I fattori causali sono rappresentati essenzialmente dall’invecchiamento , da processi infiammatori cronici e da abnormi stimoli meccanici verosimilmente mediati da alterazioni della vascolarizzazione e delle proprietà chimico-fisiche della matrice.
A meno che non coesistano processi infiammatori o calcificazioni intratendinee le tendinosi risultano soggettivamente asintomatiche e obiettivamente possono manifestarsi solo con un modesto aumento dimensionale del tendine.
ROTTURA SOTTOCUTANEA
La rottura del tibiale anteriore , descritta per la prima volta da Bruning nel 1905 (5) è un’evenienza piuttosto infrequente (6). Nella letteratura sono descritti poco più di un centinaio di casi e le serie presentate , se si escludono quelle riportate da Ouzounian (12 Pazienti) e da Markarian (16 Pazienti) , sono limitate a casi singoli o limitati ; una revisione molto accurata sull’argomento è stata recentemente pubblicata da Anagnostakos e Coll. (7) .
La lesione è unilaterale , con un singolo caso bilaterale descritto in letteratura (8); anche l’associazione tra rottura sottocutanea del TA con la rottura sottocutanea del Tibiale Posteriore sembra essere descritta in un unico singolo caso (9).
Negli ultimi anni si é verificato un aumento dei casi descritti in letteratura probabilmente per l’invecchiamento della popolazione mondiale, per le aumentate richieste di impegno a carico della normale vita di relazione, per l’incremento della pratica di attività sportive e per l’aumento del verificarsi di traumi; e non da ultimo, per la sempre maggior attenzione riservata negli ultimi anni a tale patologia ,che molto spesso veniva o viene ancora oggi misconosciuta o diagnosticata tardivamente.
Le rotture del tibiale anteriore si dividono grosso modo in due categorie (10):
- rotture acute conseguenti a un trauma noto in genere in flessione plantare
- rotture croniche ( cosiddette rotture spontanee ) che si verificano senza un riscontro traumatico evidente in soggetti di età media-avanzata.
Secondo numerosi Autori, la rottura si verifica preferibilmente in sedi con una struttura tendinea già alterata (11).
Nel primo caso il meccanismo di lesione prevede una eccessiva o forzata flessione plantare, spesso associata a contemporanea contrazione del muscolo ; in questo caso la sede di lesione si localizza generalmente tra 1 e 3 cm dall’inserzione tendinea distale (12).
Il Paziente presenta un quadro post-traumatico acuto con dolore e tumefazione locale ; frequentemente si associa presenza di ematomi od ecchimosi; fin dall’inizio è presente difficoltà alla dorsiflessione del piede mentre il reperto palpatorio di interruzione della contunuità tendinea è spesso mascherato dall’edema.
Nei casi invece di rottura spontanea all’anamnesi è in genere presente un trauma banale o può mancare del tutto il ricordo di un evento causale.
Viene riferito dolore , talvolta di lieve entità , lungo il decorso del tendine ed una sensazione di debolezza nei movimenti di dorsiflessione a carico di piede e caviglia; anche il grado di impotenza funzionale appare piuttosto variabile poiché i restanti tendini estensori possono vicariare l’assenza di attività del tibiale anteriore benché la deambulazione sui talloni risulti impossibile.
Qualora invece si evidenzi una clinica particolarmente positiva, generalmente al dolore si associa una diminuzione di forza per ciò che concerne la flessione dorsale del piede ed una limitazione dell’escursione articolare in flessione dorsale di circa 10°-15° (13); il paziente riferisce spesso alterazioni della deambulazione , da una certa mancanza di coordinazione fino ad un quadro conclamato di piede cadente.
Talvolta con il tempo compare un’atrofia a carico del muscolo tibiale anteriore; alcuni Autori hanno evidenziato lo sviluppo di un piede piatto spontaneo (14).
Alla palpazione in sede di lesione si può evidenziare un gap tra il retinacolo superiore e l’inserzione tendinea o una piccola massa determinata dalla retrazione tendinea occorsa in seguito alla rottura.
Fig.1 Compenso da parte dell’EPA in caso di rottura sottocutanea del TA; l’iperestensione dell’alluce provoca una plantarflessione del I° metatarsale.
Un altro dato obiettivo è il riscontro costante di un compenso da parte dell’EPA , ed in minor misura dell’ECD , che si manifesta con l’iperestensione dell’alluce nella fase oscillante del passo o quando si richiede al Paziente di flettere dorsalmente il piede ; l’iperestensione dell’alluce provoca una corrispondente plantarflessione del I° metatarsale (FIG. 1) che può manifestarsi con il tempo con una metatarsalgia I^. Per contro la flessione dorsale del piede risulta molto difficoltosa o quasi impossibile mantenendo le dita in una posizione di flessione plantare (FIG. 2 A e B).
Fig. 2A In caso di rottura sottocutanea del TA il deficit di flessione dorsale del piede viene compensato da una maggiore attivazione dell’EPA.
Fig. 2B Se si chiede al Paziente di mantenere le dita flesse plantarmente la dorsiflessione attiva risulta molto difficoltosa.
La rottura del tibiale anteriore può coinvolgere soggetti di tutte le età specie se determinata da un trauma, anche se ad essere maggiormente colpite risultano le persone tra i 50 e i 70 anni con prevalenza a carico del sesso maschile senza una motivazione attualmente plausibile (verosimilmente per differenze riguardanti le attività fisiche normalmente svolte, le caratteristiche ormonali e le peculiarità della massa corporea) (15).
Fattori di rischio certi sono patologie sistemiche quali iperparatiroidismo, artrite gottosa, diabete mellito, obesità , artrite reumatoide , psoriasi e LES; un ruolo certamente importante viene addebitato alla somministrazione ripetuta di corticosteroidi sia per via orale che locale , all’esposizione a microtraumi ripetuti in associazione ad un certo grado di overuse e alla presenza di impingement da esostosi sottostanti (16).
Per ciò che concerne la diagnosi differenziale, è importante escludere una patologia neurologica periferica quale una sofferenza radicolare di L5 o del nervo peroneale (17), così come è necessario escludere che la piccola massa che spesso si evidenzia non sia di altra origine (18).
Per una diagnosi corretta e precoce è indispensabile una attenta valutazione clinica , senza la quale la lesione può essere facilmente misconosciuta ; la maggior parte degli Autori sono concordi nell’affermare che si debba associare un esame radiografico per escludere la presenza di eventuali distacchi ossei da avulsione ed esami strumentali quali l’ecografia e specialmente la RMN (FIG. 3 A e B).
Fig.3 A e 3 B - Quadri RMN di rottura sottocutanea del TA (A caso 1 ; B caso 2) ; in entrambi I casi è evidente la retrazione del moncone prossimale in prossimità del retinacolo superiore.
Una attenta revisione della letteratura in materia non fornisce una univoca strategia per ciò che riguarda la scelta del trattamento più adeguato.
La riparazione chirurgica è evidentemente il trattamento di scelta specie nel caso di pazienti giovani o di pazienti meno giovani ma con abitudini di vita particolarmente attive e in presenza di lesione acuta o entro i primi tre mesi(19).
In caso di lesioni inveterate e in pazienti anziani con scarse richieste funzionali può essere considerata l’eventualità di un trattamento astensionistico .
Per ciò che concerne il trattamento conservativo, in letteratura si evidenziano diverse soluzioni , dall’astensione da qualsiasi procedura all’immobilizzazione per 6 settimane (20).
Quanto al trattamento chirurgico le opzioni possibili sono le seguenti.
In caso di lesione acuta o relativamente recente:
- sutura termino-terminale con tecnica di Bunnel o Kessler modificate
- reinserzione transossea in caso di avulsione distale con ancora o altri dispositivi
Nelle lesioni croniche:
- in difetti longitudinali fino a 4 cm il “gap” può essere colmato con una tenoplastica di ribaltamento prossimale
- se il difetto è superiore a 4 cm è preferibile ricorrere ad un innesto tendineo o ad un trasferimento tendineo; il letteratura sono descritte tecniche che prevedono l’utilizzo di EPA , ECD del V , peroneo breve o peroneo terzo , tibiale posteriore.
La maggioranza degli Autori concorda nell’affermare che, quando possibile, sia consigliabile una riparazione diretta del tendine (tecnica di Bunnel o Kessler modificate); quando invece non sia praticabile una sutura termino-terminale, sono state utilizzate con successo tecniche di trapianti tendinei utilizzando l’ EPA o l’ ECD o effettuando un allungamento del tibiale anteriore stesso; in caso di avulsione tendinea è consigliabile una fissazione transossea
Nel periodo intercorrente dal Settembre 2004 al Novembre 2006 sono giunti alla nostra osservazione 9 casi (5 uomini e 4 donne) di rottura sottocutanea del tendine tibiale anteriore; in 5 casi si era evidenziato un pregresso trauma mentre nei restanti 4 casi si era trattato di una rottura spontanea.
Per questi pazienti si è optato per un trattamento chirurgico in 6 casi: in 5 casi si è praticata una sutura tendinea termino-terminale mentre in un solo caso, considerata la completa atrofia del moncone tendineo distale, si è provveduto ad una tenodesi del EPA su M1.
Negli altri tre casi , in considerazione degli scarsi disturbi riferiti e delle scarse esigenze funzionali , non è stato effettuato trattamento specifico.
Caso 1: V.G., femmina di anni 68
Da circa 6 mesi dolore al collo piede e difficoltà alla flessione dorsale del piede dx comparsi senza precedenti traumatici.
L’esame clinico evidenziava un netto deficit di forza alla flessione dorsale del piede ed un reperto palpatorio di piccola massa di consistenza fibrosa in corrispondenza della regione anteriore della caviglia con assenza del tendine distalmente ad essa.
Gli esami ETG ed RMN evidenziavano rottura sottocutanea del TA.
Trattamento chirurgico di recentazione dei monconi e loro mobilizzazione , riscontro di “gap” di circa 3 cm , riparazione con ribaltamento prossimale (FIG. 4 A e B).
Fig. 4 A Caso 1 - Quadro anatomochirurgico della lesione
Fig. 4 B Caso 1 - Riparazione con lembo di ribaltamento dal moncone prossimale.
Caso 2: P.S. , maschio di anni 61
Incidente motociclistico con trauma in flessione plantare del piede dx ; diagnosi di distorsione di caviglia e trattamento con doccia gessata per 2 settimane ; alla ripresa dell’attività comparsa di deficit della flessione dorsale del piede con scarsa sintomatologia dolorosa.
Reperto palpatorio di “gap” a carico del tendine TA con moncone prossimale retratto prossimalmente. Conferma diagnostica con RMN.
A circa 4 mesi dal trauma intervento di revisione con conferma di lesione totale del tendine TA circa 4 cm dall’inserzione (FIG. 5) ; mobilizzazione dei monconi e sutura terminoterminale.
Fig.5 Quadro anatomochirurgico della lesione del caso 2
Caso 3: R.R. , femmina di anni 64
Trauma distorsivo piede sn con successiva comparsa di difficoltà alla flessione dorsale del piede ; sintomatologia dolorosa piuttosto modesta ma impaccio funzionale piuttosto importante ; deambula con marcato compenso da parte dell’EPA con iniziale dolore plantare in M1. Reperto palpatorio di “gap” tendineo con retrazione del moncone prossimale (FIG. 6) .
Fig.6 Conferma diagnostica con RMN.
Intervento chirurgico di revisione , si riscontra rottura del tendine a circa 4 cm dall’inserzione ; recentazione e mobilizzazione dei monconi e sutura diretta.
Caso 4: F.G. , maschio di 71 anni
Trauma distorsivo banale caviglia dx con comparsa di dolore sul decorso del tendine TA e insufficienza funzionale alla flessione dorsale del piede ; diagnosi in PS di distorsione di caviglia e trattamento con bendaggio ; progressivo incremento del deficit di flessione dorsale e impaccio nella marcia. Riscontro clinico di masserella fibrosa retratta in corrispondenza del retinacolo superiore. Conferma della lesione con RMN.
Intervento chirurgico a circa 3 mesi dal trauma con reperto di lesione totale del TA a circa 5 cm dall’inserzione con “gap” di 3 cm ; mobilizzazione dei monconi e sutura diretta.
Caso 5: G.A. , femmina di 63 anni
Pz. portatrice di alluce valgo già in programma per trattamento chirurgico.
Dolore improvviso senza traumi al piede sn risolto nell’arco di qualche giorno ; progressiva comparsa di insufficienza della flessione dorsale del piede con importante difficoltà alla deambulazione che avviene , in fase oscillante e di primo appoggio , con marcata flessione dorsale dell’alluce per compenso dell’EPA ; sintomatica per metatarsalgia I e disturbi dorsali al I° dito. Reperto clinico di “assenza” del tendine TA con masserella fibrosa anteriore al retinacolo superiore. Reperto RMN di conferma di rottura del tendine TA.
Trattamento chirurgico associato di correzione alluce valgo con osteotomia distale di M1 e revisione del TA ; riscontro di assenza del tendine che si presenta apparentemente disinserito distalmente e completamente retratto in sede prossimale con un “gap” di oltre 5 cm ; constatata l’impossibilità alla riparazione si esegue tenodesi dell’EPA con ancoretta alla porzione prossimale del I° metatarsale mantenendo il piede a 90° e l’alluce in posizione neutra , tenodesi latero-laterale tra moncone distale dell’EPA e tendine dell’estensore breve.
Caso 6: S.R. , maschio di 27 anni
Nel 2003 frattura malleolare e pilone tibiale dx trattata chirurgicamente con osteosintesi; alla ripresa del carico progressiva comparsa di difficoltà alla flessione dorsale del piede con scarso dolore anteriore. Rx: “impingement” osseo anteriore; riscontro clinico di limitata flessione dorsale attiva per insufficienza del TA con compenso da parte dell’EPA.
Intervento a distanza di circa 3 anni dal trauma : si riscontra rottura inveterata del tendine del TA in corrispondenza di una vite anteriore. Si esegue mobilizzazione dei monconi e sutura con ribaltamento prossimale di un lembo di circa 2 cm ; si associa resezione di impingement osseo anteriore ed allungamento percutaneo del tendine di Achille ottenendo flessione dorsale di circa 10°.
Caso 7: R.P.: femmina di 71 anni
Trauma in eversione della caviglia sn circa 6 mesi avanti con diagnosi in PS di distorsione di caviglia e trattamento con bendaggio. Progressiva comparsa di deficit di dorsiflessione del piede ; reperto palpatorio tipico di “gap” tendineo a carico del TA. La Pz deambula senza particolari problemi soggettivi e senza dolore. Non viene messo in atto alcun provvedimento specifico.
Caso 8: C.P.: maschio 78 anni
Nessun trauma all’anamnesi , da tre mesi comparsa di deficit di flessione dorsale del piede dx ; riscontro palpatorio di “gap” a carico del TA con retrazione prossimale e masserella palpabile al retinacolo superiore.
Al momento non dolore e scarsi disturbi funzionali; per ora si soprassiede ad un eventuale trattamento chirurgico.
Nel post-operatorio è stata applicata doccia gessata posteriore in posizione neutra mantenuta 6 settimane senza carico seguita da trattamento fisioterapico.
Caso 9: R.G.: maschio 79 anni
Vasculopatico ; pregresso by-pass coronarico , diabetico in trattamento con ipoglicemizzanti orali.
Da circa un anno dolore dorsomediale con comparsa di insufficienza alla flessione dorsale del piede dx ; ha effettuato tre infiltrazioni cortisoniche locali ; riferisce peggioramento dei disturbi dopo modesto trauma nel corso di una partita a bocce.
Riscontro di deficit della flessione dorsale del piede con apprezzamento palpatorio di masserella retratta in corrispondenza del retinacolo superiore.
Conferma RMN e ETG di rottura completa del tendine.
Non importanti disturbi funzionali , svolge senza problemi le normali attività. Al momento non indicazioni chirurgiche.
I 6 Pazienti operati sono stati rivisitati a distanza e in 4 soggetti il risultato funzionale ottenuto è sovrapponibile a quello precedente l’epoca della lesione con una ripresa completa delle normali attività quotidiane lavorative,sportive e relazionali. Di questi solo nel caso n.° 6 si è evidenziato un deficit di circa 10° a carico della flessione dorsale del piede, ma si trattava di un difetto già peraltro presente successivamente al precedente intervento chirurgico di osteosintesi.
L’unico caso di difficile valutazione clinica (caso n.° 3) è quello di una paziente colpita da ictus cerebri con conseguente emiparesi interessante il lato precedentemente operato, occorso in epoca successiva all’intervento chirurgico a carico della lesione tendinea. Tale paziente ha peraltro sottolineato il buon grado di ripresa funzionale conseguito nel periodo intercorrente tra la riparazione tendinea ed il verificarsi dell’evento neurologico.
Relativamente alla tecnica di riparazione riteniamo che quando possibile sia preferibile una sutura termino-terminale previa recentazione e mobilizzazione dei monconi , asportando l’eventuale tessuto cicatriziale interposto.
In caso di difficoltà per presenza di un “gap” eccessivo si può prendere in considerazione una plastica di ribaltamento dal moncone prossimale ; una valida alternativa è l’impiego di un innesto libero utilizzando un tendine “sacrificabile” , come ad esempio il peroneo terzo.
In caso di lesione irreparabile riteniamo che la tecnica più indicata sia la sostituzione del TA con la trasposizione del tendine EPA che presenta una linea di azione molto prossima al TA stesso ; un altro vantaggio è quello di evitare l’iperestensione dell’alluce per effetto compensatorio ; in questo caso è opportuno suturare la porzione distale dell’EPA al tendine dell’estensore breve per garantire la possibilità di una certa estensione attiva dell’alluce.
Le tendinopatie meccaniche del TA sono lesioni sicuramente poco frequenti ma non eccezionali.
Tra di esse va sicuramente tenuta presente la rottura sottocutanea del TA che spesso passa misconosciuta in prima battuta ma che può comportare esiti relativamente invalidanti.
La diagnosi precoce della lesione ed il conseguente trattamento chirurgico permette nella maggior parte dei casi un ripristino funzionale pressoché completo.
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