L’INTERVENTO DI KELLER E L’INTERVENTO DI REGNAULD NEL TRATTAMENTO DELL’ALLUCE RIGIDO

Autore: Dott. L. Milano

 

PREMESSA

L’artroplastica descritta da Keller nel 1904, con numerose modifiche introdotte successivamente da altri Autori, e quella descritta da Regnauld nel ……. sono state entrambe proposte per il trattamento chirurgico dell’alluce valgo anche se hanno trovato nel tempo indicazioni ed applicazioni in altre patologie dell’avampiede e tra queste nell’alluce rigido.

Dopo un periodo di notevole diffusione, corrispondente fino all’inizio degli anni ottanta, queste metodiche, ed in particolare l’artroplastica di Keller, sono state sottoposte ad una revisione critica che ne ha evidenziato gli aspetti negativi e le possibili complicanze ed hanno subito pertanto un notevole ridimensionamento relativamente a indicazioni e diffusione.

La tecnica originale descritta da Keller per il trattamento dell’alluce valgo prevede un accesso all’articolazione metatarso-falangea I^ longitudinale mediale con incisione condotta al passaggio tra cute plantare e cute dorsale fino al piano osseo.

Individuato il piano capsulare si procede alla esposizione per via sottoperiostea della porzione prossimale della falange e della testa metatarsale; questo tempo comporta ovviamente la disinserzione di tutti i muscoli brevi dell’alluce dalla base della falange.

La base della falange viene esteriorizzata dalla breccia chirurgica ruotando il segmento osseo di 90°. La resezione della porzione prossimale della falange non è strettamente codificata ma viene consigliata una resezione sufficiente a riposizionare l’alluce in asse sul metatarsale corrispondente fino al 50% della lunghezza dell’intera falange.

Si procede successivamente a regolarizzazione degli osteofiti della testa metatarsale, alla resezione della prominenza mediale se presente ed alla asportazione di eventuali corpi liberi.

La porzione distale del metatarsale viene esteriorizzata e si procede , con uno strumento tagliente, a scollamento dell’apparato glenosesamoideo ed a sezione del legamento collaterale laterale; trazionando sul lembo capsulare plantare e spingendo lateralmente il metatarsale si ripristina la congruenza metatarso-sesamoidea.

Il mantenimento della correzione viene affidato ad una sutura capsulare a cappotto in tensione.

Le modifiche successive sono state introdotte da un lato per standardizzare al meglio l’intervento e per ovviare ad alcuni inconvenienti della metodica originale.

Tra le prime in particolare Lelièvre ha sottolineato la necessità di effettuare una resezione falangea corrispondente ad un terzo – un quarto della intera lunghezza perfezionando inoltre la ricostruzione capsulare.

La stabilizzazione temporanea con filo di Kirschner assiale non sembra offrire significativi vantaggi sul risultato finale.

L’artroplastica di Regnauld è sostanzialmente un innesto autologo osteocondrale della base della falange; lo stesso Autore ha descritto successivamente differenti modalità di esecuzione dell’intervento.

La tecnica originaria prevede, attraverso un accesso mediale , l’isolamento della base della falange e la sua resezione corrispondente al terzo prossimale. Il segmento distaccato viene successivamente intagliato a forma di cappello con la porzione appiattita corrispondente alla base costituita da cartilagine e da osso subcondrale e da un cilindro centrale costituito da osso spongioso metafisario. Il cilindro viene successivamente infisso a pressione nel segmento diafisario opportunamente preparato.

Con questa metodica viene utilizzata tutta la superficie cartilaginea della base della falange.

Una prima variante prevede l’impiego della sola porzione centrale della superficie cartilaginea eliminando la parte più periferica che presenta in genere le maggiori alterazioni degenerative.

Con questa metodica l’autoinnesto osteocondrale prende forma di un cilindro o di un cono che viene, analogamente alla metodica precedente , infisso a pressione nella diafisi della falange.

Una terza variante, che trova particolare indicazione quando la spongiosa metaepifisaria è poco consistente, prevede l’osteotomia della falange nella sede usuale, corrispondente al passaggio tra il terzo prossimale ed i due terzi distali.

Questa volta il segmento prossimale viene svuotato centralmente in modo da accogliere a pressione l’incastro del segmento distale opportunamente modellato; con questa variante, che equivale ad una resezione cilindrica diafisaria, non è indispensabile isolare la base della falange e pertanto possono essere conservate le inserzioni dei muscoli brevi.

I tempi sulle parti molli e la ricostruzione capsulare non presentano significative differenze rispetto alla artroplastica di Keller-Lelièvre.

Nella tecnica originaria non vengono presi in considerazione sistemi di osteosintesi in quanto la stabilità del montaggio è affidata all’incastro tra i due settori; tuttavia alcuni Autori hanno proposto l’utilizzo di sistemi di fissazione quali punti transossei, fili di Kirschner o viti trasversali.

Va ancora ricordato come in caso di alluce rigido gli interventi di artroplastica debbano prevedere obbligatoriamente un tempo chirurgico a carico del versante metatarsale consistente nella asportazione deglii osteofiti pericefalici, in particolare a carico del settore dorsale, e degli eventuali corpi mobili presenti.

 

PRESUPPOSTI BIOMECCANICI

Le artroplastiche di Keller e Regnauld applicate all’alluce rigido hanno indubbiamente alcuni risvolti positivi che possono essere riassunti nei seguenti aspetti.

In primo luogo la riduzione metrica della falange e la lisi capsulare comportano una detensione dei tessuti molli periarticolari e dei muscoli lunghi; questo in teoria si traduce in una riduzione delle forze compressive che agiscono sulla articolazione ed in una maggiore libertà di movimento con recupero in particolare della flessione dorsale. Tale effetto di detensione è ovviamente tanto maggiore quanto più abbondante è la resezione falangea.

Inoltre con la metodica di Keller viene eliminata una superficie articolare generalmente piuttosto deteriorata mentre con la tecnica di Regnauld è possibile in teoria utilizzare il settore articolare meno compromesso e, giocando con l’orientamento dell’innesto, modificare l’orientamento della superficie articolare in modo da favorire la dorsiflessione.

 

INCONVENIENTI E COMPLICANZE

Relativamente alla metodica di Keller il problema maggiore è legato alla perdita funzionale delle delle inserzioni distali dei muscoli brevi del primo raggio (estensore breve, flessore breve, adduttore e capo falangeo dell’abduttore) che prendono inserzione sulla base della prima falange.

La conseguenza è spesso una instabilità più o meno accentuata della prima metatarso-falangea ed una insufficienza funzionale dell’alluce, in particolare durante la fase di stacco del passo; la muscolatura breve stabilizza infatti la prima falange e mette il flessore lungo in condizione di agire efficacemente sulla falange distale.

Alcuni accorgimenti tecnici sono stati descritti per ovviare all’insufficienza dei muscoli brevi: Viladot ha introdotto l’ancoraggio dell’apparato glenosesamoideo al tendine del flessore lungo mentre McGlamry e Coll. Hanno suggerito la reinserzione dell’apparato glenosesamoideo alla porzione residua della prima falange.

In caso di insufficienza della muscolatura breve e di instabilità della prima falange il carico, normalmente sottostato dall’alluce durante la seconda metà della “stance phase” del passo, viene trasferito lateralmente, in particolare al II e III metatarsale con frequente comparsa di alterazioni da sovraccarico.

Ovviamente queste alterazioni sono maggiormente frequenti in caso di resezione eccessiva della falange; in queste situazioni l’alluce non è in grado di prendere contatto con il suolo in nessuna fase del passo rimanendo permanentemente atteggiato in flessione dorsale.

L’instabilità della metatarso-falangea comporta frequentemente alterazioni dell’allineamento dell’alluce; in particolare non è rara, in presenza di resezione eccessiva, la deviazione in varismo.

Se in caso di resezione eccessiva della falange il rischio è quello di una articolazione instabile, in caso di resezione troppo economica la evoluzione a distanza è spesso verso una progressiva rigidità articolare che può arrivare fino all’anchilosi spontanea.

La tecnica di Regnauld, oltre alle potenziali implicazioni legate alla resezione della base falangea, può comportare alterazioni legate all’evoluzione dell’innesto.

Sebbene rare sono descritte mobilizzazioni dell’innesto causate da instabilità primitiva del montaggio con viziosa consolidazione in varismo, valgismo, flessione o estensione, pseudoartrosi o riassorbimenti più o meno importanti; la necrosi dell’innesto è probabilmente correlata alla scarsa quantità di osso spongioso con conseguente inadeguato apporto cellulare.

Anche con la metodica di Regnauld si riscontrano non raramente rigidità o anchilosi articolari; a questo riguardo va sottolineato come spesso la superficie cartilaginea utilizzabile per l’innesto sia già ampiamente erosa e deteriorata.

Fenomeni di necrosi della testa metatarsale, generalmente parziali e limitati ad alcuni settori, non sono eccezionali con entrambe le metodiche e verosimilmente condizionati da eccessiva esposizione e devascolarizzazione dell’estremità distale del metatarsale con danno alle arterie nutrizie.

Infine va rilevato come le tecniche di artroplastica non abbiano alcuna influenza diretta sulla posizione del metatarsale nel piano sagittale, in particolare in caso di talismo strutturato.

 

DISCUSSIONE

I risultati ottenuti con interventi di artroplastica biologica nel trattamento dell’alluce rigido riportati in letteratura sono piuttosto contrastanti.

Severin ( 36 casi) , Thomas ( 65 casi ) e Jordan e Brodsky (12 casi) riportano risultati soddisfacenti nell’85% dei casi trattati con metodica di Keller.

O’Doherty e Coll. comparano i risultati di interventi di artrodesi con quelli di artroplastica secondo Keller su una serie di 81 casi di alluce rigido in soggetti anziani senza riscontrare significative differenze e concludono che l’intervento di Keller si rivela superiore per semplicità di esecuzione, minori rischi e conservazione di un certo grado di articolarità.

Anderl e Coll. riportano il 92% di risultati buoni o molto buoni su una serie di 293 interventi con un follow-up minimo di 12 anni; essi sottolineano la necessità di una corretta resezione (tra 1/3 e ½) e non riscontrano correlazione tra retrazione dei sesamoidi e metatarsalgia, quest’ultima riscontrata nel 29% dei casi.

Breitenseher e Coll. hanno invece studiato una serie di 121 casi operati e rivisti con un follow-up medio di 9 anni; i risultati migliori sono stati ottenuti quando la resezione era tra il 33 ed il 50% (96% di buoni risultati) mentre in caso di resezione eccessiva la maggioranza dei pazienti (62%) si dichiarava non soddisfatta ed in caso di resezione troppo economica era quasi costante la recidiva.

 

 

Bibliografia

1) Keller W.L.: The surgical treatment of ions and hallux valgus. New York Med. J. ; 80 : 741-742, 1904.

2) Lelièvre J.: Le problème de l’hallux valgus (3352 interventions). N. Podologie , 3 , 89-115 , 1964.